STATEMENT

Se penso all’evento scatenante che mi ha avvicinato alla danza, torno a quella sensazione di piacere e scoperta e allo stesso tempo di sfida personale che ho provato in quell’istante. 
Avevo 9 anni, mi trovavo a Luxor in Egitto, durante un viaggio con la famiglia. Ero tra il pubblico di uno spettacolo di danza del ventre e la danzatrice mi prende per mano, posa il suo pitone attorno al mio collo e mi dice “danza con me”. Questo è stato il mio primo approccio alla danza, o meglio, alla scena.
A partire da quel momento, non ho mai smesso di  scoprire il mondo attraverso il mio corpo ed entrarci in relazione attraverso il movimento; ha avuto inizio così un lungo percorso di studi che mi ha portato a viaggiare oltre l’Italia e oltre oceano.
Indubbiamente, la danza è il linguaggio fondante del mio percorso artistico ma per me è un mezzo per indagare la relazione tra il mio spazio intimo, e lo spazio esterno, quello sociale. Inoltre, è uno strumento per tradurre la visione in gesto.
Ho un approccio viscerale con il movimento, una fisicità forte, una spiccata ironia e un’innata teatralità
Attratta da un dialogo multidisciplinare, i miei lavori sono caratterizzati da una forma ibrida di linguaggi performativi.
Nonostante la mia formazione sia stata accademica e internazionale, oggi, mi considero un’artista artigiana. Ho costruito pezzo per pezzo il mio operato e durante il mio tragitto professionale ho sempre visto la preziosa collaborazione di artisti che stimo, come aspetto fondamentale per realizzare i miei progetti di autrice, educatrice e curatrice di progetti culturali. 
Il mio lavoro di ricerca si interroga sulle dinamiche dell’incontro, della relazione e sul rapporto tra intimo e pubblico. La relazione può essere intesa tra corpo e parola, tra corpo e luogo, tra dentro e fuori o tra due esseri umani secondo una mia poetica dell’incontro.
Il processo creativo inizia spesso dalle domande che mi pongo, l’idea e le immagini arrivano dopo la prima fase di ricerca. Mi concedo la libertà di esplorare facendo uso di una buona dose di curiosità, per creare un vincolo con ciò che mi interessa indagare. I bambini sono curiosi, esplorano attraverso i sensi e le percezioni. Allo stesso modo amplifico la mia esplorazione con il movimento, la scrittura, il video, la parola, la voce e il disegno. In questo modo posso incorporare le informazioni necessarie e creare una narrazione che si mette al servizio del materiale emerso.
Lo scenario del quotidiano è il principale nutrimento per il mio immaginario; vedo movimento nelle parole, musica nella danza,  danza nei paesaggi o nei dipinti, poesia nei piccoli gesti dell’ordinario.
Attraverso le azioni che fanno parte del mio lavoro di
creazione, formazione e curatela, vorrei parlare dell’importanza di mettersi in relazione, della cura che questo richiede e apporta per contribuire, nel mio piccolo, alla sviluppo di nuovi immaginari che, potenzialmente, danno forma ad una memoria collettiva.